PROGRAMMAZIONE CONCLUSA
Christian Frei, Maxim Arbugaev
Un film di Christian Frei, Maxim Arbugaev. Con Christian Frei, Maxim Arbugaev.
Titolo originale id.. Documentario, durata 113 min, colore - Svizzera, 2018 - Trent.
Genesis 2.0 locandina

Genesis 2.0. Un film sui segreti e i misteri della natura e un fondamentale sguardo sulla creazione e il ruolo dell’uomo in essa.

Mare Artico, Isole della Nuova Siberia: una spedizione di soli uomini in arrivo dal Nord della Sasha-Jakuzia si accampa su quella terraferma affascinante e disabitata. Sono cacciatori in cerca delle preziose zanne di mammut da vendere a mille dollari al chilo ai mercanti di avorio cinesi. Nel gruppo, la macchina da presa segue prevalentemente tre personaggi: Peter, cacciatore di zanne, testimone consapevole dell’avidità umana; suo fratello Semyon, direttore del Mammut Museum aperto nel 1991 a Yakutsk, in Siberia, alla ricerca di un esemplare di quella specie estinta che sia conservato così perfettamente da permettere di ricrearne uno in laboratorio. E infine Spira, padre di famiglia che affida a quell’attività la sopravvivenza della propria famiglia. Del resto, se già la scienza è in grado di dare vita a incroci di specie animali (come il “geep”, incrocio tra capra e pecora), perché non tentare? Nel 2013, ci riporta Frei, il ritrovamento è effettivamente avvenuto, e dal cadavere del mammut era addirittura scaturito del sangue, immediatamente salvato in provetta per tentare la clonazione. Il mito di Frankenstein incontra Jurassic Park in questo documentario che tiene insieme panorami stupefacenti e contesti inediti attraverso diverse voci e testimonianze con sguardo in macchina.Sulle voci campeggia quella del regista Christian Frei, svizzero classe 1959, che per il suo War Photographer (2001) sul reporter di guerra statunitense James Nachtwey è stato candidato all’Oscar nella categoria documentario. Un commento che, pur se meno ironico e ambivalente, richiama a tratti quello di Werner Herzog nei suoi film non di fiction.
La sua voce dialoga in una serie di e-mail scambiate con Maxim (Arbugaev), co-regista del film e direttore della fotografia nelle Isole della Nuova Siberia. Al contesto artico, che la fotografia coglie con piani fissi in tutta la sua straordinaria, selvaggia bellezza, si affiancano le visite di Frei tra le avanguardie della ricerca biologica: l’iGEM di Boston, ritrovo annuale aperto ai ricercatori in biologia di sintesi, l’Harvard Medical School della stessa città, diretto dal genetista George Church, al lavoro anche lui sulla ricreazione del “Woolly Mammut”, il mammifero proboscidato e lanuto. Ma soprattutto i laboratori sudcoreani della Sooam Biotech, per la quale il controverso biotecnologo Woo Suk Huang ha già clonato centinaia di cani.
I paesaggi primordiali, la colonna sonora maestosa di Max Richter che ricorda il Michael Nyman di Lezioni di piano (visto dagli uomini in tenda), la lotta titanica dell’infinitamente piccolo uomo per sopravvivere in terre comparse sulle carte geografiche solo tre secoli fa, gli echi di leggende arcaiche sulla malasorte che perseguita chi fa strazio di animali una volta considerati sacri (un antico poema ricorre in tutto il film, come promemoria della presunzione dei terrestri) non sempre si armonizzano con le incursioni in ambiti scientifici. Pare proprio questo l’intento del regista: creare uno strappo, uno stridore e un disagio in chi guarda.
Una visione inconsueta, da integrare con quella di Human Nature di Adam Bolt, in cui pure figurava il genetista George Church, anche se con più spazio assertivo, e per il lato commercio d’avorio (tra le venti e le trenta tonnellate “reperite” ogni anno solo nella zona artica) con Ivory – A Crime Story di Sergey Yastrzhembsky.